“Le donne e gli uomini delle organizzazioni socie di AOI sono profondamente preoccupat* per l’escalation di violenza a Gerusalemme e a Gaza. Le ultime ore non sono state altro che la punta di una tensione crescente che si vive da un anno a questa parte nel territorio palestinese occupato.” – dichiara la Portavoce di AOI, Silvia Stilli La scintilla dell’espulsione delle famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah non ci deve trarre in inganno: non va commentata come fatto isolato, è un tassello di una strategia ben precisa volta a scardinare definitivamente lo schema del “Due popoli due Stati” per arrivare ad un’annessione israeliana di fatto di parte della Cisgiordania e al trasferimento forzato dei Palestinesi di Gerusalemme fuori dai confini della città. Da parte nostra arriva quindi una condanna ferma delle violenze dei coloni e della polizia israeliana, dei lanci di razzi ad opera dei gruppi armati presenti a Gaza e dei bombardamenti israeliani sulla Striscia, a cui si aggiunge la speranza di un immediato cessate il fuoco a protezione della vita della popolazione civile. Si contano già centinaia di feriti palestinesi e almeno 48 vittime solo nella Striscia di Gaza, tra cui 14 bambini, e 6 israeliani hanno perso la vita, inclusa una bambina. Ci sentiamo di riaffermare che i Palestinesi a Gerusalemme est debbano godere della protezione dalla violenza, avere il diritto di accedere a tutti i luoghi di culto e non vederli profanati, per di più in un periodo molto importante per la maggioranza musulmana come il mese santo di Ramadan. In maniera altrettanto forte ci sentiamo di lanciare un appello al nostro Parlamento, affinché incardini quanto prima una discussione su questi temi, e al nostro Governo, con la richiesta di affrontare con la proporzionata decisione le cause strutturali che hanno portato agli accadimenti di queste ultime ore. In tal senso, accogliamo con favore l’appello della Vice Ministra Sereni al rispetto del Diritto Internazionale e ci mettiamo a disposizione per aprire un dialogo costruttivo tra le Organizzazioni della Società Civile e il Governo. In particolare, chiediamo al Parlamento e al Governo di:
- Ribadire pubblicamente (e regolarmente) che la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è un territorio occupato e che quindi la legge interna israeliana non si dovrebbe applicare in quelle aree.
- Richiedere chiarimenti sul motivo per cui la legge israeliana consente solo agli ebrei di reclamare le loro proprietà espropriate durante e dopo l’istituzione dello Stato di Israele, mentre ciò non è consentito ai Palestinesi nonostante quel che sancisce il diritto internazionale nella risoluzione 194 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
- Ribadire che lo status finale di Gerusalemme dovrà essere determinato dai Palestinesi e dagli Israeliani insieme, non unilateralmente.
- Sottolineare che il trasferimento forzato di popolazione protetta dal diritto internazionale, incluse le famiglie Palestinesi di Sheikh Jarrah, è un crimine contro l’umanità.
- Esercitare pressioni sui massimi livelli dello Stato di Israele, prioritariamente il Primo Ministro e il Ministero degli Affari Esteri, perché interrompano immediatamente l’attuazione del piano di trasferimento forzato e di espansione degli insediamenti a Sheikh Jarrah e nel resto dei territori occupati
- Richiedere al governo di Israele di attuare una moratoria sulle demolizioni, gli sfratti e la revoca dei diritti di soggiorno in assenza di una soluzione politica. Questo con l’impegno a coordinare una risposta diplomatica ogni volta che le autorità israeliane intraprendano una demolizione o uno sfratto
- Intervenire affinché Abu Mazen riconsideri la decisione di rinviare le elezioni politiche e presidenziali e che il governo di Israele dia il suo consenso a tenerle anche a Gerusalemme Est.
- Chiedere con fermezza al Quartetto per il Medio Oriente (Nazioni Unite, UE, USA e Russia) di attivarsi tempestivamente per ristabilire le condizioni per il dialogo fra israeliani e palestinesi
Cessare la fornitura di armi, equipaggiamenti, parti di ricambio e componenti, munizioni e proiettili, le esportazioni di beni intangibili e servizi a tutte le parti coinvolte nel conflitto israelo-palestinese, laddove sussista un rischio chiaro e preponderante che tali forniture possano essere usate per commettere gravi violazioni del DIU (Diritto Internazionale Umanitario) o della LDU (Legislazione sui Diritti Umani)