Intervista dell’Agenzia Dire alla portavoce di AOI, Silvia Stilli “Sono oltre 3mila gli italiani, tra cooperanti, volontari e giovani del Servizio civile universale e del Servizio volontario europeo che al momento sarebbero impegnati all’estero in progetti di cooperazione e a cui, in tempo di coronavirus, dobbiamo fornire canali di rimpatrio, se lo desiderano“: a sottolinearlo è Silvia Stilli, portavoce Associazione organizzazioni italiane di cooperazione e solidarieta’ internazionale (Aoi). Stilli all’Agenzia Dire racconta il lavoro condotto in questi giorni dalle tre reti che rappresentano il Terzo settore: Aoi, Cini e Link 2007. “Stiamo eseguendo il monitoraggio di quante persone intendono rientrare per cercare delle soluzioni. La maggior parte delle richieste per ora arrivano da Africa e Medio Oriente ma stiamo verificando anche Asia e America Latina. Abbiamo immediatamente sollevato il problema con la Farnesina, con cui e’ in corso un’interlocuzione. Per ora il ministero degli Affari esteri ci ha dato la disponibilita’ a visionare le informazioni che stiamo raccogliendo, per valutare la sostenibilita’ di eventuali soluzioni“. Stilli ne suggerisce una: “Abbiamo ancora due snodi principali attivi: l’aeroporto di Addis Abeba e quello del Cairo. Marocco, Tunisia, Giordania, Libano, Iraq hanno chiuso le frontiere. Pertanto servono almeno due voli – civili o militari – che possano fare almeno due tappe in entrambi gli scali. Da parte nostra, ci impegnamo a convogliare le persone verso Etiopia ed Egitto, aiutandoli con i voli e i trasporti interni ancora disponibili“. Stilli chiarisce: “Dalla Farnesina al momento non abbiamo ancora garanzie, ma anche l’Unione europea deve fare la sua parte. Non si sta occupando ne’ dei giovani Erasmus+ ne’ dei volontari del Servizio civile europeo. Ogni Paese si sta muovendo sa solo, da Bruxelles non arriva nessuna proposta per una regia europea del problema. Se ad esempio in Camerun sono bloccati un italiano e un francese, e il francese puo’ usufruire del volo di Stato, perche’ l’Ue non sollecita Parigi a trasportare anche il cooperante italiano? Questa e’ la solidarieta’ e l’accoglienza che serve“. Nonostante l’estendersi della pandemia di Covid-19, non tutti i cooperanti e volontari pero’ vogliono tornare. “Molti sentono la responsabilita’ di proseguire i progetti avviati, soprattutto quelli di carattere medico” dice Stilli. “Alcuni intendono rimanere e fronteggiare l’emergenza coronavirus, se questa raggiungera’ quelle popolazioni“. Contattate dalla Dire, fonti della Farnesina hanno fatto sapere che sul tema e’ in corso ancora un grande lavoro di coordinamento e che al momento, si valuta caso per caso, attraverso le ambasciate italiane nei Paesi.